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Al lavoro dei giovani non basta quota 100

La manovra che il governo Conte sta varando faticosamente, provoca commenti che ne mettono in discussione la compatibilità con gli indirizzi di politica economica imposti dalla Ue. Tra i temi più controversi quello che tocca la riforma della legge Fornero porta alla luce punti di vista che finiscono con il rappresentare l’indirizzo governativo come la sommatoria di ipotesi che paiono non trovare adeguati supporti se confrontate con le realtà a cui si ispirano.

Il primo fronte è quello legato al suo costo sulle casse dello Stato. I dati, ammesso che le analisi colgano l’effettivo interesse dei cittadini ad anticipare l’uscita dal lavoro, vanno però interpretati allargando il punto di osservazione almeno ad altre tre angolazioni. Il primo ambito, comparativo, può aiutarci a capire come la quota 100 finisca con il ribaltare il dato che vedeva gli italiani lasciare il lavoro mediamente due anni dopo i colleghi di altri Paesi storici della comunità europea e godere, di conseguenze, i media dai 2 ai 5 anni in meno (a secondo del genere) del periodo post-lavorativo.

Fonte: Giornale di Brescia
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